Testimoni dell’essenziale

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A Genova, in direzione di Via del Campo, appoggiati all’ingresso della chiesa di S. Siro, quando il via vai di mezzogiorno è intenso, due uomini di un’età indefinibile, ma certamente ancora giovani, discutono animatamente tra loro……
Sono cingalesi, ma fanno parte del numeroso popolo degli inesistenti, di quelli cioè che non abitano da nessuna parte, anche se vivono a Genova. clochard1Di quelli che d’inverno dormono nei portoni di antichi palazzi, su un materasso fatto di scatole di cartone, spesso coperti da altri scatoloni o, accucciati in un sacco a pelo lercio e maleodorante. Mentre d’estate invece dormono sulle barche nei porticcioli, sulla spiaggia, a ridosso degli stabilimenti balneari. I due sono talmente sporchi che avvicinarsi richiede un notevole coraggio, ma mi incuriosiscono e resisto al fetore.
Sono senza documenti, non svolgono alcun lavoro, ma, mi spiega uno dei due, sopravvivono con dei piccoli furtarelli. Non faccio fatica a crederci e presto mi convinco che, così malridotti, di furti veri e propri non sarebbero in grado a compierne pur mettendoci tutta la buona volontà. Avevano viaggiato da clandestini, nelle stive di una nave portacontainer, battente bandiera indiana. Da quando erano arrivati a Genova, mangiavano quando capitava, non si lavavano quasi mai e tanto meno si cambiavano d’abito. I pantaloni sono lucidi per lo sporco, li ho dovuti guadare attentamente, perché sembravano di tela cerata e invece era solo lo strato di lercio che luccicava sulle gambe, fino alle ginocchia.
Gli indico un centro di ascolto, dove possono rifocillarsi, pulirsi e avere coperte e abiti. Ma non riesco a convincerli. «Siamo clandestini», mi dicono e la paura di essere cacciati è invincibile. Li rassicuro più volte che non sarebbe successo nulla, che si potevano fidare, ma è tutto tempo sprecato. Quando li avevo incrociati, stavano litigando e, appena avevo fatto per allontanarmi, avevano ripreso a brontolare. Così sono tornato sui miei passi e chiedo, con una certa sfacciataggine, il motivo del litigio.
Quello apparentemente più anziano, cercando forse un alleato, mi spiega di avercela con il compagno perché una signora, vedendoli così mal ridotti, si era impietosita e gli aveva regalato due litri di latte e due scatole di biscotti. Il fatto che lo aveva irritato è stato che secondo lui il suo amico non avrebbe dovuto accettare tutta quella quantità di cibo, per loro due bastavano un litro di latte e un pacco di biscotti.
«Ma è un regalo”, dico cercando di riportare la pace, “e in fondo un litro di latte e un pacco di biscotti non sono poi una così grande quantità di cibo». “E invece no” mi ha spiegato l’anziano. «A noi basta una razione e questo latte e questi biscotti potevano essere dati a qualcun altro che ha fame come noi». Ammirato per il suo altruismo, resto un istante in silenzio. Poi, mi viene un’idea. «Perché, dico, non date semplicemente quello che vi avanza a un altro che ha fame». Mi guardano compiaciuti e subito l’anziano porta un litro di latte e un pacco di biscotti a un altro clochard che poco più in là chiede l’elemosina.
“Abbiamo molto da ricevere dai poveri, che sono testimoni dell’essenziale”. Ha detto papa Francesco recentemente. Il numero crescente di persone emarginate e che vivono in grande precarietà ci interpella e domanda uno slancio di solidarietà per dare loro il sostegno materiale e spirituale di cui hanno bisogno…. E nello stesso tempo noi abbiamo molto da ricevere dai poveri che accostiamo e aiutiamo. Alle prese con le loro difficoltà sono spesso testimoni dell’essenziale, dei valori familiari; sono capaci di condividere con chi è più povero di loro e ne sanno gioire”.
Silvano Gianti
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