Il racconto di Roberto, rientrato da qualche giorno dai luoghi del terremoto dove si è recato con la squadra del Soccorso Alpino e Speleologico Toscano.
Molti i ricordi e le emozioni che hanno segnato questa esperienza: le scosse di assestamento (quelle più forti) che mi hanno svegliato anche nel cuore della notte, l’immagine di interi paesi letteralmente polverizzati dal sisma, le lacrime, il dolore, lo sgomento e la disperazione sui volti dei sopravvissuti.
Quella che però meglio simboleggia il dramma vissuto da questa gente è l’immagine di due anziani, lui con una mano sorreggeva una vecchia e logora cartella di cuoio, con l’altra teneva per mano la moglie appoggiata ad un bastone, si muovevano con passo incerto tra le macerie del borgo che da sempre aveva costituito la loro casa e dal quale probabilmente non si erano mai allontanati; nei loro occhi si poteva leggere un misto di incredulità e sgomento quasi non fossero ancora pienamente consapevoli della portata della tragedia che li aveva coinvolti. Li chiamano i “nonni del terremoto”, una vita sospesa, come tante da quelle parti, quella di chi non ha più la forza di reagire, di lottare e nemmeno, forse, quella di sperare.
Roberto Celli