Ho conosciuto Marco a una festa tra amici. Era seduto a un tavolo, con gli occhi fissi. All’inizio avevo pensato che avesse un po’ bevuto, ma un suo sorriso mi ha incoraggiata a conoscerlo meglio.
Mi sono accorta che tremava un po’ come se avesse di coltà di movimenti. Aveva anche qualche difficoltà nel comporre le parole. Prima di separarci ci siamo scambiati i numeri di cellulare e mentre andava via, notando sulla sua nuca segni evidenti di un intervento chirurgico, mi sono resa conto dello sforzo che gli aveva richiesto quella breve comunicazione e la mia stima per lui si è accresciuta.
Ci siamo rivisti. In breve, mi sono innamorata di lui. Le mie amiche dicevano che il mio non era amore ma compassione per uno che aveva i giorni contati, anche se l’asportazione del tumore aveva avuto successo.
La nostra storia si è fatta seria quando abbiamo deciso di sposarci. Due anni dopo, il male si è ripresentato, inesorabile. Marco mi ha dato un figlio che ci ha resi felici. È morto sereno.
C. L. – Italia
Fonte: Il Vangelo del giorno, Città Nuova, Febbraio 2017, p.68