Dedicato ai detenuti del carcere di Castrogno – Teramo
Nel corso della mia vita ho attraversato altre volte questi cancelli, ma vi confesso che oggi per me è tutt’altra cosa perché anch’io ho sperimentato la “prigione del dolore”.
Sono stata imprigionata da un tragico evento che mi ha sbattuto nell’angolo più buio della mia casa. Il mio cuore era trafitto da lacrime che mi frantumavano il corpo e mi facevano sentire “scartata”, “sconfortata”, “arrabbiata” … per non parlare dell’atroce senso di colpa per non aver percepito, compreso, né capito il dramma di mio marito.
Ero rattrappita dentro me come un bozzolo morto. Una mattina… un’amica bussò… non ebbi la forza di aprire! Lei andò via e lasciò una rivista, Città Nuova, davanti al portoncino.
La raccolsi e cominciai a sfogliarla. Mi colpì un articolo: era il racconto d’un’esperienza di una persona che aveva vissuto una tragedia ancora più dura della mia e narrava come attraverso la rivista Città Nuova le cominciò a fiorire nel cuore la propria capacità di accettare la sua lacerante sofferenza per tentare di rinascere. Vi dico che nel leggere quell’articolo di Città Nuova anche in me si accese una luce… una luce di speranza!
Lo so, tornare alla vita, uscire dalle sbarre del dolore non è facile e non è stato facile!
Però, dopo quella lettura incominciai a dirmi: “Non ho potuto aiutare mio marito, ora provo ad aiutare il mio prossimo” e così il dolore diventava piano piano più leggero e non mi faceva più sentire scartata ma immersa insieme agli altri in una rete bella di solidarietà.
Ed ora io vi dico: “Dai… insieme ce la facciamo!”
Mariapia