Contro la mia volontà mio marito aveva accettato di candidarsi a sindaco, non certo per ambizione, ma per puro desiderio di servire la comunità. La mia ostilità nasceva dal timore che, essendo il nostro un paese molto difficile, un impegno del genere potesse avere ripercussioni negative sulla famiglia.
A nulla erano servite minacce e liti. Quando un sabato mattina appresi dal giornale che aveva firmato per la candidatura, iniziai a stare molto male. Domenica a messa il Vangelo parlava del fico sterile. In quel momento mi sentii come quel fico, incapace di fruttificare.
Non solo: col mio atteggiamento impedivo anche a mio marito di portar frutto per la comunità. Capii che Gesù mi chiedeva di donargli anche la mia famiglia, nonostante le paure. Tornata a casa, comunicai a mio marito e alle nostre figlie l’esperienza fatta e di comune accordo decidemmo di appoggiarlo. Da quel momento lo accompagnai in tutti i comizi e assemblee, e ora che è sindaco continuo a farlo in tutte le sue visite istituzionali.
(a cura di Tanino Minuta)