Sono trascorsi dieci giorni dal crollo del Ponte Morandi e a Genova si continua a lavorare incessantemente. E’ scattata una gara di solidarietà tra i cittadini per dare ospitalità alle 300 famiglie sfollate che abitavano sotto il ponte. Il Comune e la Regione Liguria ha attivato una task force per individuare i 350 alloggi che saranno consegnati tutti entro Novembre.
Molte associazioni da tutta Italia si sono attivate con iniziative, donazioni ed eventi. Anche dall’estero arrivano attestati di solidarietà, come da Nice-Matin, quotidiano regionale francese, che invita tutti i turisti francesi a sostenere la città colpita al cuore da un immane lutto e da una catastrofe: “Genova è bellissima e merita di essere visitata per nove buone ragioni, nonostante e al di là della tragedia dovuta al crollo di ponte Morandi che ha procurato la morte di 43 persone”. Una ditta di traslochi offre servizi gratis agli sfollati, al Centro Civico Buranello a Sampierdarena è attivo da martedì 14 agosto un punto di accoglienza e ricovero e sono state assistite, con supporto psicologico e medico, tutte le persone che avevano l’auto sul viadotto.
Da Città Nuova riportiamo un’intervista a Daniela R., volontaria della Protezione Civile, in vacanza in Val d’Aosta, che è subito accorsa a portare aiuto rinunciando alle sue ferie.
«Siamo andati per aiutare e sostenere, e siamo stati accolti come parenti». È commossa Daniela R. mentre mi racconta la sua esperienza sotto il ponte Morandi, crollato il 14 agosto scorso a Genova. Era ancora in Valle D’Aosta, in ferie con il marito, quando è stata raggiunta dalla notizia del tragico crollo. E si è subito messa a disposizione per essere inserita nei turni della Protezione civile della sua sezione Bassa Val Bisagno, Gruppo Genova del Comune. Daniela aveva ancora quattro giorni di ferie sui quali contava per riposarsi, ma le è venuto in mente che, invece, poteva dare la massima disponibilità, proprio perché era in vacanza. È stata inserita quindi in tre turni di otto ore nel corso dei quali ha ascoltato, abbracciato, condiviso, accompagnato, sperimentando più che la bellissima emozione di sentirsi utile, quella di sentirsi piuttosto impotente. «Ho fatto parte fino ad oggi di un gruppo cinofilo che si occupa, con i cani addestrati, di ricerche di persone disperse ed è stata la mia prima esperienza come Protezione Civile. Il compito che mi è stato affidato – spiega – è stato quello di tenere monitorata una strada chiusa che accedeva alle abitazioni evacuate proprio sotto il ponte. Speravo di poter accompagnare almeno le persone a recuperare le proprie cose, ma quello è stato un compito che hanno svolto solo i vigili del fuoco e le forze dell’ordine. Certo, una domanda me la sono fatta: se anche noi volontari avessimo potuto aiutare, avremmo portato fuori più borse», ma evidentemente la paura del crollo imminente dei monconi sospesi ha determinato scelte restrittive, guidate da ragioni di sicurezza.
«Ho avuto pochi metri quadrati su cui vigilare, dunque, comprese alcune viuzze laterali. Ma quanta solidarietà! Sono stata accolta insieme ai miei colleghi a braccia aperte dai residenti, quelli che erano rimasti nelle case non coinvolte dall’evacuazione: ci hanno offerto acqua, caffè, qualcuno è voluto scendere e ci ha aperto le porte della propria casa per l’utilizzo dei servizi. E sì che i genovesi sono schivi e non fanno amicizia subito… Sono rimasta sconvolta: ma non eravamo noi quelli che erano andati lì per aiutare? E invece siamo stati davvero “aiutati ad aiutare”.
Ad un certo punto si affaccia una signora anziana dalla finestra, mi saluta e comincia a raccontarmi la sua vita…