Cittadinanza attiva, solidarietà, formazione. Il patrimonio di una esperienza di impegno civile promossa dai Giovani per un mondo unito nei quartieri Cirenaica e Pilastro della città felsinea.
«È stata proprio ‘na botta de vita di quelle notevoli» mi conferma Etta, la vivace fondatrice dell’associazione Il Cerchio, che sotto il ponte di Via Libia è nata e si è sviluppata per combattere il razzismo, accogliendo soprattutto giovani migranti.
Etta si riferisce al rapporto costruito nei giorni precedenti con i giovani partecipanti del Campus promosso dai Giovani per un mondo unito.Essendo infatti lo slogan dell’associazione “C’è una sola identità: la comune umanità”, non poteva che risuonare empaticamente con la forte motivazione dei giovani provenienti da dieci regioni italiane, decisi a costruire un “noi” e a cambiare concretamente la realtà circostante.
L’impegno per i migranti è fondamentale in questo periodo storico, come ha testimoniato direttamente, in un incontro organizzato nello stesso Campus, don Mattia Ferrari, giovane prete bolognese, che ha partecipato alle iniziative della nave della ONG “Mediterranea” impegnata nell’operazione di salvataggio di persone nel Mar Mediterraneo. Parlando da sacerdote ha detto di aver imparato la generosità e la gratuità dagli attivisti umanitari che si definiscono “non credenti”. Un esempio che rimanda alla parabola evangelica del “buon” Samaritano.
Ma cosa è un Campus come quello organizzato in un settimana (dal 20 al 28 luglio) dell‘estate 2019 a Bologna? Essenzialmente un’esperienza di impegno civile, in cui, dopo aver individuato le necessità di un territorio marginalizzato a livello sociale, si cerca di intervenire in modo continuativo, soprattutto attraverso la costruzione di rapporti. Precedenti esperienze del genere sono state promosse dai Giovani per un Mondo Unito a Siracusa, Roma e Torino.
Il tema dominante del percorso emiliano è stato quello che della Legalità declinato nel significato più profondo e completo come “Legalità del noi” da Giuseppe Gatti, sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, attualmente sotto scorta, intervenuto in un momento aperto alla città durante il campus, assieme al giornalista del tg3 Gianni Bianco. Per sconfiggere le mafie occorre, infatti, combattere l’isolamento in cui si trova chi ne è vittima, e costruire una comunità, in cui le relazioni siano solide. Occorre quindi superare l’omertà, per passare dalla legalità verticale, tipica dei regimi totalitari e della criminalità organizzata, a quella circolare.
Fonte: Città Nuova – di Emanuele Pugliese