La festa paesana veniva disturbata da un barbone ubriaco che gridava e imprecava. Non potevo rimanere inerte. Riuscii a calmarlo un po’ e lo convinsi a farsi accompagnare in auto nella baracca dove abitava. Era quasi mezzanotte.
Antonio (così si chiamava) divenne molto loquace, mi raccontò di quando anche lui aveva una bella famiglia, lavorava la ceramica ed era un artista apprezzato. «Vieni – mi disse –, ti mostro cosa so fare!». Ci trasferimmo in un capanno diroccato, il suo atelier di un tempo. Era un incanto vedere con quanta maestria modellava l’argilla…
A fasi alterne però aveva eccessi d’ira, e quando tentai di accomiatarmi da lui arrivò addirittura a minacciarmi con una pistola. Mi affidai a Dio e la pace scesa in me forse contagiò anche Antonio, che mentre salivo in auto mi si fece vicino, commosso: «Scusa, Adriano, non lasciarmi anche tu… Sai che non ho nessuno…».
Giorni dopo Antonio moriva in seguito a un incidente stradale. Alla notizia, mi prese un nodo alla gola, ma subito avvertii che mi era vicino più che mai: come dentro di me.
(tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.4, luglio-agosto 2019)