Magda, medico rianimatore a Como: “Cerco di farcela ogni giorno”.

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Magda D’Astuto, 47 anni, nata a Bologna, vive e lavora a Como, ha inviato in questi giorni una lettera a “La Repubblica”. L’articolo è stato poi ripreso dal giornale on line “Comozero”: una bella e forte testimonianza di chi ogni giorno si dona attraverso il proprio lavoro. 

Magda è medico anestesista e rianimatore dell’ospedale della città, Il marito, Marco,  è dirigente di una multinazionale. Hanno tre figli, di cui un ragazzino con un ritardo psicomotorio.  

“È successo, nel giro di pochi giorni nella nostra famiglia sono cambiati completamente equilibri e ruoli. Sono medico, anestesista e rianimatore, lavoro in terapia intensiva in un ospedale lombardo, e dai primi giorni di marzo la mia vita si consuma lì. Mamma di tre figli, di cui uno con disabilità intellettiva, mi ero sempre divisa fra lavoro e famiglia, correndo una corsa contro il tempo ogni giorno. I giorni prima e dopo il turno di notte potevano essere riempiti di impegni per gestire tutti, in particolare Pietro: logopedista, spesa, calcio del piccolo, non erano previsti riposi”.

“Forse proprio per questo avevo anche iniziato a correre, nella corsa la fatica ed il sudore erano tutti per me. Mio marito, manager di una ditta di moda, tornava la sera, sempre presente, attento e speciale per i ragazzi, ma a volte non ci si incrociava. Lasciavo un messaggio a lui o alla tata su cosa cucinare o quali compiti i ragazzi dovessero ancora svolgere. A volte mi arrabbiavo e chiedevo anche a lui di farsi carico in maniera totale degli impegni di famiglia, ma nulla era mai cambiato in questo menage familiare”.

“Poi arriva il Coronavirus. Io scompaio e lui è deviato sullo smart working fin dai primi giorni. Il ribaltamento è fatto. Mio marito, persona intelligente di mente e cuore, accoglie la sfida senza un lamento. Si fa carico di tutto: compiti e piattaforme scolastiche, abbiamo, infatti, due ragazzi alle medie e una alle superiori. Dal salotto coordina il suo lavoro e quello nelle varie stanze dei ragazzi. Organizza con la professoressa di sostegno di Pietro videochiamate giornaliere, allo stesso modo anche con logopedista e psicologa”.

“La figlia maggiore, che fino a un mese fa faticava a portare le mutande sporche nel cesto, ed ora è diventata la cuoca ufficiale e prepara in autonomia pranzo e cena.  Io torno distrutta da ogni turno, fatica fisica, ma soprattutto emotiva e mentale, e loro si fanno carico di questa mamma che magari in mezzo alla cena scoppia a piangere”.

“E così cerco farcela ogni giorno, cercando di curare al meglio questa marea di pazienti che arriva, non riesco a chiamare più nessuno di loro per nome, sono troppi, non posso affezionarmi. Però poi lo faccio, e così capita che scambi due chiacchiere una notte con un prete giovane, appena staccato dal respiratore e che gli racconti del Papa nella piazza vuota, che si dica una breve preghiera e ci si commuova”. (Da “La Repubblica”)

Leggi l’articolo su “Comozero”

Leggi l’articolo su “La Repubblica”

 

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