Abbiamo ricevuto da Carlo e Rita Sguilla dell’Umbria una loro comunione su come stanno vivendo questi giorni di emergenza sanitaria. Hanno superato gli 80 anni ma hanno sperimentato che niente può impedire loro di amare.
Carlo: “Ho quasi 85 anni e non mi era mai capitato di essere costretto a rimanere a casa tanto a lungo e per un tempo così indefinito. Eppure questo momento si è rivelato un’occasione per tante riflessioni. All’inizio della Quaresima mi aveva colpito un invito del sacerdote (all’omelia domenicale) a riconoscere tutti i doni di Dio. E allora una giornata serena era un suo dono, come la pioggia (rara) o un piccione che si posava sulla ringhiera del balcone e mi permetteva di osservare la bellezza e la perfezione del suo vestito di piume vellutate ( “I cieli narrano la Sua gloria..”). Anche questa pandemia poteva essere un dono, perché mi risuonava all’orecchio “Tutto concorre al bene per chi ama Dio”. Con questo “antivirus” che mi facilita il vivere l’attimo presente, i giorni passano veloci ed io sono sereno. Il vivere 24 ore su 24 con mia moglie Rita si sta rivelando sempre più bello e la nostra comunione è sempre più profonda. Si dice che con l’età i difetti delle persone diventano più evidenti, a me sembra invece che quelli di Rita (ognuno ha i suoi) tendono a sparire, anzi a pensarci bene, sono scomparsi. Sentiamo insomma che non ci manca nulla e continuiamo a ringraziare Dio per tutto quello che ci ha dato e continua a darci. In questo clima di serenità sento anche la spinta a telefonare a persone che non vedo da tempo e che penso abbiano problemi per l’età o la solitudine. Ho così telefonato anche ad una mia ex collega di ufficio che vive sola. E’ stato un colloquio bellissimo e profondo che lei ha concluso dicendo “questa telefonata è stata per me una carezza di Dio”.
Rita: “Per noi che abbiamo superato gli 80 anni di età, rispettare le norme restrittive è tassativo, per cui la nostra vita si svolge in casa, insieme noi due 24 ore su 24. In questi giorni abbiamo intensificato i rapporti con gli altri attraverso telefonate o collegamenti e questo ci ha permesso di continuare ad amare, anzi di amare di più, perché abbiamo contattato persone che da tempo non sentivamo ed altre che erano sole e magari con qualche difficoltà concreta. Abbiamo così sperimentato che niente ci può impedire di amare. Per quel che riguarda il rapporto tra noi, riscopriamo la bellezza di avere dei momenti di comunione spirituale. Carlo, che è stato sempre poco loquace e un po’ restio a fare comunione, si apre con più facilità donando tutta la bellezza della sua interiorità. Ed io, che di solito parlo anche troppo, mi ritrovo ad ascoltarlo con interesse, traendo insegnamento dalle sue riflessioni. Sentiamo che è un arricchimento reciproco. Abbiamo più tempo per seguire in TV le cerimonie religiose con calma e profondità, o per fare meditazione. Cerco di fare tutto, anche le cose più banali o ripetitive, rimanendo in rapporto con Dio e quando ci riesco me ne accorgo, perché non sento il bisogno di fare la meditazione classica, perché evidentemente sono stata alla presenza di Dio. Non mancano momenti di tristezza, di sconforto, di sofferenza per le notizie che ci arrivano, per le morti, i contagi e le difficoltà di tanti. Un giorno, rimettendo a posto armadi e cassetti, ho ritrovato alcune foto di anni passati. Fra le altre la foto di una serata di festa in cui sono ritratti anche due coniugi della mia parrocchia, con i quali non ci si incontrava da tempo. Lui nel frattempo è morto e di lei avevo saputo che era molto malata. Ho pensato che lei sarebbe stata contenta di averla (era anche un modo per riallacciare il rapporto), ma non sapevo come fare, date le restrizioni che vivevamo. Non avevo neanche il suo numero di telefono, non sapevo dove abitava. Ho chiesto a Gesù che mi facesse trovare Lui il modo per raggiungerla. Dopo alcuni giorni, mentre ero scesa da casa per qualche commissione, l’ho incontrata e, sia pur da lontano, le ho potuto dire che avevo una foto per lei. Mi è sembrata contenta. Ho scoperto che abitava vicino casa mia ed allora semplicemente ho potuto lasciargliela nella sua cassetta delle lettere”.