Dall’Abruzzo, diario di viaggio 2

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Riceviamo e pubblichiamo dalla comunità dell’Abruzzo alcune esperienze tratte da un diario diffuso regolarmente durante questo tempo di emergenza sanitaria. Una bella iniziativa che spinge tutti a comunicare i frutti della Parola vissuta in questo periodo straordinariamente fecondo di azioni concrete rivolte ai fratelli. 

“Una Pasqua diversa da quella degli altri anni, ma forse più vera”

Per la prima volta il pranzo di Pasqua lo abbiamo passato da soli in famiglia: io, mio
marito, mia figlia e mio figlio, senza i nostri genitori, senza mio fratello e la sua famiglia.
Almeno eravamo in quattro. Pensavo a mia suocera sola, agli altri inquilini del mio
condominio, due ragazze single, una mamma sola con figlia. Mi sentivo una privilegiata,
anche se non ero con tutta la famiglia, ero con quella costruita con mio marito. Però
non ero felice, continuavo a pensare a chi non aveva una propria famiglia, a chi avrebbe apparecchiato con un solo piatto.
Dovevo fare qualcosa. Così ho passato i tre giorni precedenti in cucina. Ho cucinato
una montagna di fiadoni e delle pastiere napoletane. La mattina di Pasqua ho preparato
un vassoio con i fiadoni e l’ho fatto portare a mia suocera (abitiamo vicino), poi altri tre
con le pastiere. Sono salita al piano sopra il mio, dove abitano alcune ragazze single,
ognuna nel proprio appartamento, ho suonato il campanello e ho dato loro le pastiere.
Inutile dire che non se lo aspettavano, anche perché non c’era una conoscenza, solo un
saluto quando ci incontravamo in ascensore.
E così abbiamo anche fatto amicizia, con il risultato che nei giorni successivi ci
parlavamo dai balconi scoprendo ognuna qualcosa dell’altra. Ma la reazione più bella è stata quella della mia dirimpettaia di pianerottolo, una mamma sola con una figlia disabile ed entrambe testimoni di Geova. Appena ha visto il vassoio con la torta, si è messa a
piangere di commozione , nessuno aveva mai pensato a lei, ed è rimasta molto felice
anche se la nostra Pasqua non è la sua. Le sue lacrime di gioia hanno riempito il mio cuore: ho capito di aver fatto la cosa giusta.
Cosa dire, è stata una Pasqua diversa da quella degli altri anni, ma forse più
vera, come se la condivisione di un semplice cibo mi avesse legato alle mie vicine,
diventando parte della mia famiglia”.

Antonella – Montesilvano


In stanza era solo lui e il Crocifisso.

“In questo periodo di lock-down come famiglia stiamo facendo un’esperienza che non
avremmo mai pensato di fare. Dei nostri cari amici e vicini di casa stanno tuttora vivendo l’esperienza con il coronavirus. In seguito all’infezione da parte della figlia, che lavorava in una RSA della zona, è rimasta contagiata tutta la famiglia composta di padre, madre, zio (convivente e disabile) figlia e una nipotina di 2 anni.
La figlia e la bimba asintomatiche, sono rimaste sempre a casa, e sono tuttora
positive al tampone. Tre settimane fa, gli altri tre componenti della famiglia, sono stati
ricoverati in ospedale ed attualmente due (gli uomini) sono in terapia intensiva e intubati,
mentre la madre, lunedì scorso è tornata a casa anche se ancora positiva e quindi in
quarantena.
Questa situazione non ci ha lasciato indifferenti e fin dal primo momento ci siamo resi
disponibili alle loro necessità, tipo fare la spesa alimentare e andare in farmacia, visto che
erano tutti confinati in casa, chiaramente con le dovute precauzioni.
Oltre alle necessità materiali stiamo facendo il nostro meglio, con telefonate e
messaggi whatsapp, per cercare di tenerli su moralmente e incoraggiarli a non mollare.
In questo periodo di dolore stiamo assistendo ad una loro vera conversione.
In un colloquio telefonico con P. nei primi giorni di ricovero in ospedale, lui ci diceva
che in stanza era solo lui e il Crocifisso (ci ha inviato anche una foto del Crocefisso). Allora
gli abbiamo suggerito di rivolgersi a Lui come ad un amico certo che Lui non lo avrebbe mai lasciato da solo. Quindi ci ha confidato che Lo ha sempre pregato anche se non frequentato la chiesa e ci ha chiesto di pregare per lui (loro).
Anche la moglie che, come dicevamo per fortuna è tornata a casa, non fa altro che
pregare (giorno e notte dice lei), ci chiede di pregare per loro e non fa altro che ringraziarci, fra le lacrime, per il nostro aiuto senza il quale non avrebbe saputo come fare.
Da questa situazione dolorosa sicuramente il buon Dio saprà trarre cose buone,
chiediamo a Lui anche la pronta guarigione di tutta la famiglia e non solo”.

Edda e Mario – Cappelle sul Tavo

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