La sofferenza al cuore permette pure di dilatarlo

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Egidio Canil ofm

Non sono stati pochi i religiosi e le consacrate che hanno vissuto nella propria carne la piaga del Coronavirus. Tante volte senza sapere come, sono stati investiti dalla marea del Covid-19 e costretti anche al ricovero in ospedale. Sono loro, che l’hanno vissuto “in diretta”, a poterci raccontare il nuovo orizzonte che tale esperienza comporta e quali siano le lezioni da imparare. Ce ne parla p. Egidio Canil, religioso francescano conventuale, che si è trovato in isolamento per 40 giorni. Risiede a Padova, presso la Basilica di Sant’Antonio, ed è allo stesso tempo membro del Centro internazionale dei religiosi che aderiscono al Movimento dei Focolari.

Il Coronavirus è entrato, inaspettatamente, anche nella mia vita. Sono stato dichiarato “positivo”, assieme ad alcuni confratelli, il 19 marzo. Subito mi è stato imposto di vivere completamente segregato dal resto della comunità. Una quarantena che per me si è prolungata per 40 giorni. Per sette giorni sono dovuto ricorrere anche a un ricovero ospedaliero. Unico sintomo la febbre, piuttosto elevata, che mi ha accompagnato per diversi giorni sia in convento che in ospedale. Il virus con ogni probabilità ha indebolito il mio cuore.

È stata un’esperienza che però non mi ha impedito di continuare ad amare i fratelli, a collegarmi spesso e sostenere gli altri confratelli che erano in isolamento come me, e a mostrarmi grato verso i confratelli sani per tutte le premure che avevano nei nostri confronti.

Molte volte inoltre, dimenticando me stesso, mi sono trovato anche a “gioire” di questa prova perché mi spingeva a vivere la mia malattia in comunione con tanti altri fratelli e sorelle che nel mondo erano stati colpiti dallo stesso virus!

Il sostegno dell’unità e delle preghiere di tanti

Nei giorni più pesanti e difficili dell’infezione, mi sono stati di grande sostegno e sollievo la solidarietà, i segni d’unità e le preghiere che tante persone da varie parti del mondo mi face- vano pervenire. Numerosi religiosi francescani e di altri ordini. E poi molti altri amici e tanti membri del Movimento dei Focolari, compresi Maria Voce, la presidente, e Jesús Morán, il copresidente.

Di particolare forza e sostegno sono state anche le preghiere che, tramite i contatti dei focolari e altri, venivano fatte da fratelli e sorelle di altre religioni. Per molti anni, infatti, sono stato in Assisi, dove ho partecipato agli incontri interreligiosi e ho potuto conoscere e instaurare rapporti di fraternità e amicizia con fratelli indù, buddhisti, musulmani e, allo stesso tempo, con membri di altre Chiese cristiane. Avendo saputo della mia malattia mi hanno fatto arrivare molte espressioni di vicinanza, assicurandomi la loro preghiera.

[…]

Anche se il virus, un po’, ha intaccato il mio cuore, l’esperienza della pandemia me lo ha allargato, lo ha dilatato nel prendere dentro tutto e tutti, specialmente le ferite e i drammi dell’intera umanità. Un’esperienza viva di universalità che proprio non mi aspettavo, dato che la tendenza “normale” quando siamo malati è piuttosto a racchiudersi nel proprio mondo. Si vede che la malattia, se vissuta in un certo modo, genera un cuore più grande.

Leggi tutto sulla Rivista Ekklesia n. 8 – anno 3 (2020/3) pp.53/54

 

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1 commento

  1. Carissimo Padre Egidio, grazie della tua condivisione e grazie per come hai vissuto questo periodo di sofferenza. Desidero con queste poche righe assicurarti la mia unità e dirti che è proprio vero quanto dici. Ne farò tesoro. Un abbraccio Franco Magno Mazzotta

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