Un fermento nuovo

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Sono un medico in pensione e pensando a tanti miei colleghi che si prodigano per gli altri in questo tempo di pandemia, mi ero chiesto come poter aiutare anch’io, con la mia professione, la gente che mi ritrovo attorno.

Come inizio, nelle caselle postali dello stabile nel quale abito ho lasciato il mio numero telefonico ai coinquilini, rendendomi disponibile per qualsiasi cosa di cui avessero bisogno, e subito ho avuto i primi riscontri. In breve, ho potuto conoscere le situazioni di tutti gli abitanti del palazzo.

In tanti anni non c’era stata occasione di incontrarsi, ora un insidioso virus ci rendeva più vulnerabili e bisognosi l’uno dell’altro. So di un’anziana inquilina, che un giorno ha lasciato a tutti questo messaggio: «Non posso fare molto, ma so pregare. Se qualcuno volesse, potremmo pregare insieme!».

Le offerte d’aiuto si sono moltiplicate: chi insegnava a fare dolci, chi a rammendare, chi a disegnare… Insomma, mi sembra di avvertire un fermento nuovo che sta facendo piazza pulita dell’anonimato.

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno VII, n. 2, marzo-aprile 2021)

 

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