La Boutique, attiva dall’aprile 2011, garantisce alle donne, soprattutto a
quelle che non possono contare sull’aiuto dei familiari, di riceve generi di prima
necessità.
La casa circondariale femminile di Pozzuoli è un edificio risalente storicamente al quindicesimo secolo, quando l’intero complesso era un convento fondato dai frati minori. Nel 900 fu trasformato in manicomio criminale femminile e, infine, in carcere nel corso degli anni ottanta. Oggi è una struttura di detenzione tra le più sovraffollate d’Italia.
Maria Clara si traferisce di abitazione nei pressi dell’Istituto e dalla sua casa riesce a sentire il grido di dolore che arriva dalle finestre sbarrate. Si fa promotrice di una iniziativa mettendo insieme un numeroso gruppo di persone dei Focolari che, insieme con la Caritas diocesana e con altri Movimenti (Rinnovamento dello Spirito, Gioventù francescana, ecc.), si attiva per portare avanti un’esperienza non facile, che porta ad affinare, nel segno della misericordia, ogni gesto e parola per essere davvero quella vicinanza d’amore che quel mondo aspetta. Ognuno diventa sempre più consapevole che non va lì per giudicare, assolvere, o fare assistenzialismo ma soltanto per amare, puntando alla ricostruzione della persona. Ed è forse per questo atteggiamento che ben presto si vede emergere in ciascuna il lato positivo.
“Quando uscirò da qui voglio essere una persona nuova”, confida una di loro. E un’altra: “Adesso che so cosa vuol dire essere cristiana, voglio vivere secondo il Vangelo, amando le mie compagne di cella, anche se mi rendono la vita impossibile”. Questo fluire di luce e di grazia è il frutto di una continua attenzione ai bisogni delle detenute, sostenendole nel ritrovare la propria dignità in una discreta e perseverante testimonianza di vivere il Vangelo. È chiedere e ottenere il permesso dalla direzione del carcere di organizzare, nella Casa famiglia “Donna Nuova” che ospita donne a regime di detenzione alternativo, tutta una serie di laboratori di educazione sanitaria, corsi di cucina, yoga, cucito, ecc.
Una delle necessità delle detenute – non detta, ma subito rilevata – è la cura della propria immagine. Ed è così che è nata la “Boutique rosa”, un luogo ospitale all’interno del carcere, in netto contrasto con il grigiore e l’austerità delle celle, dipinto di rosa e arredato con mensole e tende colorate, ed offre un ambiente adatto ad un’accoglienza calda e familiare, un punto in cui le recluse, spesso abbandonate o lontane dalla propria famiglia, settimanalmente possono ricevere prodotti per l’igiene e la cura della persona, vestiario, biancheria, ecc. . Tutto ciò che serve per migliorare il look ed aumentare la propria autostima. E intanto si ascoltano le loro difficoltà con le altre detenute o con gli agenti, si dà conforto al loro dispiacere di non potersi occupare dei figli a casa, costruendo rapporti sempre più stretti. È anche l’occasione per condividere piccole o grandi gioie, come ad esempio uno sconto di pena, una visita inattesa, i passi fatti nel ricominciare, dopo aver compreso in profondità il danno provocato alla vittima.
Tante di loro sono di etnie e culture diverse e appartengono a varie Chiese cristiane o ad altre religioni. Una donna ortodossa, che nella settimana di preghiere per l’unità dei cristiani ha voluto partecipare con un suo canto-preghiera, dopo, piangendo, ha detto che offriva l’immenso dolore della detenzione per l’unità delle Chiese. Siamo poi andati a Napoli a conoscere il marito e i cinque figli, portando loro degli aiuti.
Abbiamo condiviso questa esperienza con alcune conoscenti appartenenti alla Chiesa Pentecostale e alla Chiesa Battista, proponendo loro di venire anch’esse in carcere per aiutare nella “Boutique rosa”. Non aspettavano altro! La loro presenza è una grande ricchezza per tutti noi. Insieme prepariamo tanti momenti di famiglia, di festa, come a Natale. Dopo “la festa dei poveri”, la responsabile degli agenti carcerari disse: “La vostra unità è una bella testimonianza anche per tutti noi che lavoriamo qui, spesso in “lotta” tra noi”. Inoltre, grazie ad esse, i rapporti con le detenute di Chiese diverse diventano sempre più stretti e, talvolta, continuano anche quando escono dal carcere.
Testimonianza presentata da Irene Loffredo al Convegno di “Insieme per l’Europa”, 9 maggio 2021, Carismi e profezie al servizio di un’Europa solidale.