“Il nostro obiettivo è far trovare loro l’affetto. Tanti mi dicono: ‘Sei come la mia mamma’, io rispondo che potrei essere anche la nonna! Diamo il calore della famiglia a chi ha vissuto la sofferenza, non c’è nulla di più ammirevole”. Così racconta Giovanna Luglio che con altre amiche, dal settembre del 2015, sostengono i migranti nella zona del triestino. Sono un gruppo di circa 6 persona della comunità dei Focolari di Trieste, che hanno deciso di unirsi alla causa dopo la sollecitazione di papa Francesco ad aprire non solo i cuori, ma anche le strutture. Tante le donazioni che arrivano alla comunità per chi viene accolto. Tra i nuovi progetti: collaborare con una struttura della Caritas per le ragazze madri.
La loro esperienza inizia grazie alla Caritas di Trieste, che affida loro un servizio presso la “Casa di Accoglienza Teresiano”. Qui vengono ospitati circa un’ottantina di profughi provenienti dal Pakistan, Afghanistan, Egitto, Camerun, Nigeria, Kosovo, Croazia, Romania…
Alcune persone, come quelle di etnia rom, in genere si fermano per poco tempo, ma vengono aiutate al pari degli altri. La struttura ha un piano in cui risiedevano solo famiglie. È qui che il gruppo inizia a dare il proprio contributo un giorno ogni settimana, stando con i bambini nel doposcuola, tenendo corsi di italiano per i genitori e attività ricreative.
Nel marzo del 2020 la casa viene chiusa per il Covid a tutti gli esterni, tranne che agli operatori della Caritas. Le famiglie vengono dislocate in altre strutture e la casa viene poi adibita solo all’accoglienza di profughi uomini. “Il nostro impegno però è continuato,- spiega Giovanna – ritrovandoci all’aperto, spesso al giardino pubblico di Trieste. Molti rapporti si sono mantenuti, alcuni anche evoluti in amicizia e reciprocità. Ora sono le famiglie, integrate nel tessuto sociale di Trieste, a chiamarci”.
Giovanna racconta di una donna di 34 anni originaria del Kosovo, con 5 figli: “L’abbiamo accompagnata in ospedale quando doveva partorire. È stata una delle prime famiglie che abbiamo conosciuto”. Questa ragazza era un’adolescente durante la guerra nei Balcani. Ha vissuto episodi spiacevoli, il padre ha subito persecuzioni così sono fuggiti in Italia. Lei, confidandosi con le sue nuove amiche, ha raccontato di aver scoperto che in classe dei figli ci fossero bambini di origine serba. Era rigida nei confronti di quelle famiglie, ma poi con il tempo le ha conosciute e si è trovata bene. Non ha avuto più remore verso di loro. Questo episodio fa riflettere su quanto sia possibile una convivenza pacifica. Ci sono però situazioni in cui il processo di integrazione fa difficoltà. A volte i giovani vogliono ritornare nel loro paese d’origine, altre volte le famiglie partono per l’estero senza preavviso. Un episodio spiacevole è avvenuto quando la comunità, dopo aver deciso di sostenere un nucleo famigliare attraverso l’Associazione Famiglie Nuove, ha trovato l’appartamento per la famiglia solo al quinto tentativo perché i proprietari, vedendo che erano di colore, si tiravano indietro”.
Tanti gli episodi che Giovanna e le amiche rivivono con gioia, molti più di quelli negativi. Ad esempio i doni che consegnano ai bambini durante la festa di San Nicolò, o le torte del Teresiano per i compleanni. Ancora il primo maggio, dedicato a delle gite. Altro momento di aggregazione è la giornata dei poveri, istituita da papa Francesco e rinominata dalla comunità “festa dell’amicizia” o “castagnata”, perché cade in pieno autunno. “Abbiamo sempre organizzato un pranzo di 80 persone circa… Riscuote molta partecipazione, è un momento di unità e vicinanza”, spiega Giovanna con un sorriso.
Miriana Dante
Bellissima esperienza da divulgare