Padre ho paura . . . aiutami! La tromba d’aria e la fede di Sr. Angiola

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2022/23 FOCUS SU PREGHIERA E UNIONE CON DIO: UN’ESPERIENZA.

Il 19 agosto 2022 i giornali toscani titolano: “Bufera in Toscana: due morti e decine di feriti, centinaia gli evacuati. La Regione dichiara lo stato di emergenza” – “Devastazione dopo il passaggio della tromba d’aria. Si contano i danni: tetti scoperchiati, alberi caduti e stabilimenti balneari divelti”.

Ma, ‘dentro la notizia’ , ormai sorpassata da qualche mese,  Suor Angiola mi racconta qualcosa: qualcosa di più.

Mi sorride con fare cordiale. Gli occhi sprizzano intelligenza e franchezza. Appartiene alla Congregazione delle Figlie di Gesù di Verona, ed ha trascorso una vita a ‘prendersi cura’: della gente, dei ragazzi, della Chiesa:  in Angola, Ruanda, Brasile e varie città italiane. Dal ’97 a Verona nella casa Generalizia, “anima” della  Scuola  Primaria dell’Istituto proprio in centro storico, zona ZTL, tra l’Arena e la Casa di Giulietta.

Ci conosciamo bene, ma Sr Angiola si è avvicinata alla grande famiglia del Focolare molto prima di me.  “Faccio parte del Focolare dal 1967” – confessa orgogliosa. La circostanza decisiva una visita a Loppiano.

Dice lei stessa: “Quel viaggio a Loppiano, mi ha portato a consegnare al Padre quel SI’ che Lui attendeva da molto tempo”. Era una vocazione alla vita religiosa. E una chiamata al Carisma dell’unità. Me ne parla così:

“E’ stato Lui a sciogliere i fili dei miei legami rivelando la sua presenza così vicina da non avere dubbi. Stavo vivendo il periodo della giovinezza quando ci si sente grandi, capaci, e si vuol fare di testa propria. Ma è proprio qui la mia esperienza con Lui, il Padre. Tenerezza e Luce. Pace. Quel giorno, capivo che Egli si era preso cura di me. Lui: quello che sarebbe diventato “il mio Fedele Compagno di viaggio”.

Con uno sguardo eloquente Sr. Angiola mi fa intendere che molte esperienze e vicende si sono susseguite nella sua lunga ‘convivenza’  con Lui.

“Ma la scorsa estate” – afferma con un fremito –  “è accaduto qualcosa che mi ha lasciato senza fiato.  Ero a Marina di Carrara con un gruppo di bambini, vari giovani e adulti per una vacanza spensierata in una delle case della Congregazione. Quindici giorni splendidi e nello stesso tempo formativi, durante i quali i ragazzi hanno goduto tutto quello che avevamo costruito insieme nei mesi precedenti. Un programma semplice che, come sempre, ci tengo a preparare nelle settimane precedenti  con i ragazzi stessi. Quest’anno avevamo scelto di identificarci con gli ‘aquiloni’: i ragazzi erano entusiasti.

I giorni sono passati  in fretta ed improvvisamente è arrivata  la data della partenza. Mi sono svegliata di soprassalto alle quattro del mattino con una strana agitazione. Una sorta di presentimento.  Alle 7:45 colazione per il gruppo. Tutto era pronto e l’animazione per la partenza era alle stelle.

Ma il mio cuore non si calmava.  Ho invocato nel silenzio il Padre: avevo bisogno della sua forza e della sua tenerezza. Sentivo che i ragazzi dovevano partire il più presto possibile pur non capendo perchè. Il cielo era plumbeo e l’aria stranamente sospesa.

D’istinto ho chiesto a Paolo, l’autista del pullman, se era possibile anticipare la partenza visto che il gruppo era pronto. Così, dopo i saluti,  abbiamo iniziato il riordino della colonia e della nostra spiaggia. Io mi sono avviata a rassettare le cabine dove di solito i ragazzi depositavano i loro oggetti.

Ad un certo punto ha preso a sibilare un fortissimo vento: centoquaranta chilometri orari, ho saputo poi. Le raffiche raccoglievano e sparavano palle di sabbia ghiacciata, sassi, ombrelloni, pattini per salvataggio e tutto quello che incontravano.  Mi sono immediatamente rifugiata in una delle cabine tentando di chiudere la porta che, per la forza degli spostamenti d’aria faceva resistenza e sbatteva contro di me… niente da fare…!    Ho gridato. Ho gridato: ‘Padre salvami!’.  Ho afferrato allora  la scopa che avevo portato con me e ne ho infilato il manico nella griglia della porta quasi fosse un ordigno da guerra e sono rimasta così … letteralmente a combattere le spinte per venticinque minuti.

Nel frattempo era salita dal mare una nuvola bianca a forma di tronco di fungo sormontato da una formazione nera che, allargandosi inesorabilmente, aveva coperto la luce del sole. Sembrava notte fonda, un’eclisse surreale. ll pavimento della cabina ondeggiava paurosamente: ‘Padre, Padre aiutami, stringimi a Te, ho paura!’

Gridavo con tutto il fiato che avevo: ‘Non abbandonarmi!’.  La spiaggia era deserta ed io ero sola, in una delle 12 fragili cabine dipinte di verde chiaro. ‘Padre, non ce la faccio più, non ho più forza!’ Gridavo e piangevo. Piangevo e stringevo le mani alla griglia della porta. Mi rendevo conto che Il buio e il rumore del vento non permettevano a nessuno di vedermi o  sentire le mie richiesta di aiuto. ‘Padre resta qui con me, sono nelle tue mani!’

A tratti si sentivano alberi che si spezzavano come stuzzicadenti. La tempesta  sembrava non finisse più. Poi mi sono acquietata. Dentro di me ho cominciato a sentire un senso di consolazione e di pace. La bufera era durata cinquanta lunghissimi  minuti. Il fungo si era inabissato quasi completamente nel mare, il vento piano piano si stava indebolendo. Ho deposto la mia spranga improvvisata. Avevo il fiatone e le nocche delle dita bianche. Ero stremata. Incredula. Mi sono inginocchiata, commossa per la  gratitudine al mio Fedele Compagno di Viaggio.”

Ci siamo abbracciate: grazie, Sr. Angiola.

A cura di Andreina Altoè

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