Alla scuola del dolore

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Affermato e invidiato professionista, Filippo rimase sulla cresta dell’onda fino a quando il corso della sua vita ebbe una svolta improvvisa. In seguito al divorzio dalla moglie e dopo che l’unica figlia, tossicodipendente, venne accolta in una comunità terapeutica, il mio amico ateo convinto si trovò a fare un bilancio e si rese conto che potere e successo non lo salvavano da un’umiliante bancarotta.

Dietro suo invito lo visitai nella casa di cura dove si era rifugiato in seguito a una forte depressione che gli aveva fatto tentare il suicidio. Non aveva molto da dire. Con occhi rossi e bagnati, mi guardò implorante: «Dove ho sbagliato?».

Gli proposi di raccogliere le energie per tentare di ricominciare. «È difficile ripartire dal nulla, soprattutto se davanti a te c’è il nulla e ogni tentativo di rinascita è sommerso da un passato pesante», puntualizzò. Settimane dopo seppi che si stava riprendendo. Poi ricevetti una cartolina da un luogo turistico, firmata anche dalla figlia, dove Filippo scriveva: «Il dolore mi ha dissequestrato dalla mediocrità!»

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno IX, n. 2, marzo-aprile 2023)

 

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