Ad Abu Dhabi come tessitori di unità

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Immagine dalla Pagina Facebook di Interfaith & Ecumenical Dialogue Office IFEDO - AVOSA
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Una delegazione della CEI per un incontro teorico e pratico di dialogo interreligioso

Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi Uniti, sorge su un’isola del Golfo Persico ed è il luogo della storica firma del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune da parte di Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar. Era il 4 febbraio del 2019. Il Documento invita «tutte le persone che portano nel cuore la fede in Dio e la fede nella fratellanza umana a unirsi e a lavorare insieme, affinché esso diventi una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, nella comprensione della grande grazia divina che rende tutti gli esseri umani fratelli». L’obiettivo è promuovere la cultura della pace, della tolleranza, della giustizia per porre fine alle guerre specialmente quelle rivestite di motivazioni religiose. Nello stesso luogo, sei anni dopo, dall’8 al 12 febbraio, una delegazione della Cei ha partecipato ad un viaggio formativo e partecipato all’incontro “Formazione e scambi nel contesto del Documento sulla fratellanza umana e delle sue ricezioni”, organizzato dagli Uffici per il dialogo interreligioso ed ecumenico della Cei e del Vicariato apostolico dell’Arabia meridionale, e dalla Chiesa di San Francesco che è parte dalla Abrahamic Family House.

La singolarità dell’esperienza è che si sono alternate sessioni di formazione teorica con momenti di visite ai luoghi religiosi, scambio di testimonianze e di buone pratiche, Nella chiesa di San Francesco sono intervenuti specialisti come mons. Martinelli, vicario apostolico dell’Arabia Meridionale, mons. Derio Olivero, presidente della Commissione episcopale della Cei per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, prof. Giuseppina De Simone della Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – sez. San Luigi, Napoli. La conoscenza concreta dei luoghi di culto di altre chiese cristiane e di altre religioni presenti sul territorio: moschee, templi Indù e Sikh e una Sinagoga ha permesso di sperimentare un dialogo “incarnato” fatto di incontri con i leader, le persone che si prendono cura dei luoghi, i fedeli di altre religioni.

«Abbiamo potuto sperimentare – scrive su portalecce.it mons. Carlo Santoro, Incaricato della Commissione regionale per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale pugliese – l’ospitalità di questa Chiesa di frontiera, composta completamente da fedeli immigrati di più di 100 nazionalità diverse, giunti nel paese emiratino per lavoro». E con l’incontro con persone di altri fedi è stata fatta «un’esperienza diretta delle dinamiche interreligiose che caratterizzano gli Emirati Arabi Uniti». Suggestiva e toccante è stata anche la visita alla Abrahamic Family House perché «è realmente una “casa” in cui tutti coloro che chiamano “Padre” il patriarca Abramo hanno la possibilità di stare insieme nel rispetto reciproco».

Immagine dalla Pagina Facebook di Interfaith & Ecumenical Dialogue Office IFEDO – AVOSA

«Essere qui ad Abu Dhabi e in particolare nella Abrahamic Family House – ha dichiarato al Sir mons. Derio Olivero, vescovo di Pinerolo e presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo della CEI -, è essere dentro un sogno che prende corpo. Penso che per tutti noi sia importante essere qui perché è vedere che è possibile credere che le religioni possono diventare fermento di fraternità e possono convivere con un comune desiderio: stare nello spazio pubblico insieme per essere un germe di coesione sociale. È un bellissimo sogno. Vogliamo portarlo a casa, in Italia»

Dal viaggio emergono alcune certezze: che si è avviato un processo, che il vero dialogo si basa sulla concretezza della collaborazione tra persone di fedi diverse per il bene comune, per costruire la pace e la fraternità, e che la diversità delle religioni è da vivere senza timori. Certamente c’è tutto un lavoro da fare, per sensibilizzare i cristiani al dialogo, alla conoscenza sia della propria fede che delle altre, perché non sia una questione da addetti ai lavori, ma si possa tessere l’unità nella trama della vita quotidiana, fatta di incontri, di partecipazione alle feste altrui, dalla condivisione delle difficoltà, di semplice amicizia e conoscenza reciproca.

«Siamo tornati – conclude mons. Santoro – con la coscienza di avere una responsabilità, evidenziare il compito della Chiesa italiana di essere non solo una testimone di questo impegno, ma anche una pioniera nel rendere concreti i principi di fraternità e di pace, in una società, la nostra, che contrariamente a quella degli Emirati Arabi Uniti, vede nella diversità un pericolo piuttosto che un’opportunità».

«Camminare insieme significa – scrive Papa nel Messaggio della Quaresima 2025 – essere tessitori di unità».

Aurelio Molè

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