Coronavirus: un tempo per crescere nell’amore

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Riceviamo da una coppia di sposi, Clara e Nicola, la testimonianza di come hanno vissuto in questi mesi di pandemia.

Clara: “Vivere il periodo di isolamento in casa è stato difficile sia per me che per mio marito, perché non abbiamo potuto vedere le figlie e i nipoti e siamo stati in pensiero per i disagi che avrebbero dovuto affrontare. Per mio marito poi una difficoltà in più, perché è molto impegnato nel sociale,  nel volontariato, è responsabile di un Consultorio familiare. Come continuare a portare avanti tutte queste attività? Ho sentito subito di offrire a Gesù queste nostre piccole difficoltà,  pensando alle migliaia di persone che stavano soffrendo per il coronavirus. Il restare sempre in casa ha comportato un nuovo equilibrio fra me e mio marito. Ognuno ha cercato di rispettare i tempi e gli spazi dell’altro e il nostro amore reciproco ci ha portato a vivere nell’armonia e nella serenità, senza lamentarci, trasformando in momenti lieti le giornate altrimenti noiose. Ci siamo ritrovati insieme ad assistere alla Messa e a recitare il Rosario collegandoci con i vari santuari. Sono stati dei momenti che ci  hanno dato tanto personalmente e che hanno reso  più solido e ricco di luce il nostro rapporto di coppia. Posso dire, ripensando a tutto questo periodo, che è cresciuto il nostro amore reciproco. Sì, ci siamo voluti e ci vogliamo più bene”.

Nicola: “Durante questo periodo nel quale ho dovuto accettare di stare sempre in casa, sono riuscito comunque ad essere di aiuto per due famiglie in difficoltà. Una coppia in grave crisi si era rivolta al Consultorio. Non potendo incontrarli personalmente li ho contattati per telefono. Mi hanno riferito di avere già avviato le pratiche legali e che vi era stata una denuncia penale; uno dei coniugi era andato via da casa e non vedeva da 10 giorni i figli minori. Li ho ascoltati. C’era tanta aggressività, tante accuse reciproche, avevano inoltre gravi difficoltà economiche, tanti debiti e bollette non pagate. Nell’ascoltarli ho cercato di non giudicare e, per far comprendere quanto desiderassi essere loro vicino, ho pensato intanto ad un sostegno economico, assicurando loro che con l’aiuto di qualche associazione avremmo subito effettuato il pagamento delle utenze. Loro sono rimasti colpiti da questa mia pronta risposta e mi hanno ringraziato piangendo. Ho capito che cominciavano a fidarsi di me, per cui ho potuto proporre loro un percorso di psicoterapia di coppia e li ho invitati a sospendere da subito tutte le pratiche legali aperte; in tal modo avrebbero dimostrato la volontà di riprovare a ricostruire il loro rapporto di coppia. Hanno eseguito alla lettera le mie indicazioni e, trascorsi venti giorni dal primo nostro incontro, mi hanno inviato un messaggio dove scrivevano che erano ritornati insieme “per cercare di ricostruire ciò che avevamo distrutto. Ti siamo grati per quanto hai fatto finora e per quello che il Centro Famiglia potrà fare in futuro per aiutarci a mantenere questa serenità“. 

Ho ricevuto una segnalazione da un sacerdote che mi mette in contatto con una signora. La figlia di 19 anni è in attesa di un bimbo e i suoi parenti sono dell’idea che la ragazza debba abortire considerando l’età, la situazione economica. Cerco di trovare le parole giuste per rasserenarla, per farle capire che non le era accaduta una disgrazia, ma che la vita nascente è un dono e un valore importantissimo da salvaguardare e custodire e le assicuro che da parte mia e del Centro Famiglia avrebbe ricevuto tutto il sostegno necessario da ogni punto di vista compreso quello economico. Si tranquillizza, mi ringrazia molto e mi chiede se posso parlare con sua figlia. Lo faccio subito, ma la sento sconvolta, disorientata, piena di dubbi. L’ascolto con attenzione, le dico alcune cose rassicuranti, ma soprattutto cerco di farle capire che la decisione di tenere o no il bimbo è sua; io e il Centro Famiglia tuttavia avremmo messo in atto tutte le strategie per esserle vicini e aiutarla concretamente. Mi ringrazia e così termina la nostra conversazione. A quel punto non posso che pregare  lo Spirito Santo perché la possa illuminare. Chiedo anche a mia moglie e a dei nostri amici di pregare per questa intenzione. Per dieci giorni non ho notizie, ma dopo mi arriva una telefonata: è la mamma della ragazza che, con una voce tremula ma piena di gioia, mi comunica che la figlia ha deciso di non ricorrere più all’aborto e di tenere il bambino. Provo una gioia immensa. Le assicuro tutto il sostegno medico, psicologico, economico. Lei e la figlia mi ringraziano con grande affetto”.

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1 commento

  1. Sono esperienze raccontate con tanta umiltà e semplicità,ma traspare che dietro c’è molto di più e che dalle piccole cose nascono poi grandi cose…
    Bisogna amarsi in famiglia per poter allargare poi questo amore agli altri,è una delle cose più belle che possa fare una famiglia di oggi,è la sua massima espressione!!!

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