In isolamento

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“Domani – disse il medico – la metteremo in isolamento”. Mi sentii come un’appestata. Sapevo che qualcuno per quel male era morto. Morire!

Non mi faceva paura il dolore che s’accomuna all’ultima battaglia per la vita, ma acuto come una spada in cuore sentii il distacco dai miei. Non li avevo salutati. E ora . . . forse non li avrei più visti. Piangevo.

Eppure, morire voleva dire incontrarsi con Gesù che amavo. Mi sembrava però che l’amore dato e ricevuto qui in terra da tanti mi legasse quaggiù e il volo verso l’alto fosse faticoso.

Questi li conoscevo, quello non ancora bene. Eppure avevo cercato sempre di amare Gesù in ogni prossimo: parenti, amici, conoscenti, sconosciuti! “Eri tu, Gesù, che ho amato e trovato in ognuno, quello stesso che – se ora muoio – incontrerò”.

Quest’ultimo pensiero lentamente mi diede pace. rimasi a lungo in isolamento, con alti e bassi della malattia, ma quasi avvolto da una presenza arcana con la possibilità di parlare a quell’Unico che mi ascoltava e che potevo ascoltare.

(Tratto da Il Vangelo del giorno, Città Nuova, anno VI, n.4, 2020)

 

 

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