A scuola: videogioco con le mascherine

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Ero appena entrato in quell’aula quando la collega, vicaria del dirigente, mi anticipò con un passo sostenuto e con un’aria pesante:“… ora mi dovete dire chi è stato!”, mostrandogli uno sguardo terrificante e minaccioso.

Questa volta i ragazzi della 2B l’avevano combinata proprio grossa; tanto da non capire ancora oggi cosa fosse successo in quel giorno di novembre. Forse per effetto della mia presenza, le acque subito si calmarono e la collega continuò dicendo: “Quest’anno come vedete vi ho mandato un docente molto bravo!”. Capì subito che si riferiva a me, e non dissi nulla.

Aveva perfettamente ragione, perché quella classe non era affatto tranquilla. Ma nonostante questo, riuscimmo a concludere il primo quadrimestre in serenità, senza che nessuno di loro ebbe da recuperare qualche argomento della mia disciplina.

Sono un docente di elettronica, e quest’anno ho insegnato Tecnologie per l’Informazione e la Comunicazione nelle due seconde dell’istituto professionale della città dove vivo. Avevo subito notato la capacità di questi ragazzi nella pratica e nella manualità, tanto che l’esperienza di assemblare un computer si trasformò ben presto un una vera e propria manutenzione all’intero parco dei computer, presenti nell’aula di informatica. Erano diventati ormai professionisti in tutto questo.

Ma improvvisamente poi, la pandemia ci fece ritrovare tutti davanti allo schermo di un computer, solo per chi lo possedeva in casa, o di uno smartphone.
In quel momento sentì dentro di me che la cosa più importante per loro era il contatto con il docente; spesso capitava di commentare cosa stesse accadendo intorno a noi, in quanto le notizie che arrivavano dai social e dai mass media non erano certamente confortanti: tanta gente stava soffrendo per colpa del Coronavirus.

Durante una videolezione, ci chiedemmo cosa potevamo fare per loro, ma non trovammo una risposta. Ci sentivamo impotenti davanti a questa nuova situazione, cosicché un giorno vi venne in mente d’ideare, insieme all’altra classe seconda, un videogioco che avesse come tema il Coronavirus.

Lo proposi ai miei ragazzi i quali furono contenti, seppure inizialmente non si riusciva a decidere quale software di programmazione utilizzare, e tantomeno la trama del videogioco stesso. Durante un confronto pensammo subito che l’oggetto principale del nostro videogioco doveva essere la mascherina, in quanto in quei giorni si parlava della scarsa disponibilità di queste, specie negli ospedali della Lombardia, e che si doveva inventare un qualcosa per trasportarle virtualmente a chi ne avesse particolarmente bisogno.

Pensammo allora, di implementare su uno schermo un automezzo da muovere lungo una strada, quella che collega la nostra città di Monopoli fino a Bergamo, e che all’interno di questo ci dovevano essere cinquanta mascherine per trasportarle fino a destinazione.

Nel videogioco realizzato, durante il percorso l’automezzo viene bombardato dai Coronavirus. Con i tasti della tastiera o con i pulsanti predisposti nella versione per smartphone, si cerca di riuscire ad evitare l’impatto con i Coronavirus; inoltre si hanno a disposizione dieci siringhe di antivirus con le quali durante il gioco colpire il nemico. E alla fine vince chi riesce a portare più mascherine a destinazione.

Ricordo che durante le lezioni, mi divertivo a cancellare di volta in volta i codici di programmazione scritti insieme durante la lezione precedente. Così che ogni volta che si riprendeva il progetto si rifaceva il codice perso volutamente, andando a stimolare la loro memoria e la loro logica, sperando di apportare nuove modifiche al videogioco.

L’ultimo giorno mentre stavamo rivedendo e collaudando il programma, chiesi loro alcune impressioni su quello che avevamo realizzato e su cosa si sarebbe potuto fare di più. Ma ecco che durante la discussione, una sottile voce mi interrompe e mi dice: “prof il videogioco è bello così, ma non sarà tanto più bello e importate del messaggio che vogliamo dare”.
Il tutorial del videogioco è a disposizione su questo link: pic.twitter.com/4UGa7czMbK
Per giocarci invece si deve accedere al seguente link: scratch.mit.edu/projects/399700864

Filippo Lopedote

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1 commento

  1. Certo che questo non potrà risolvere la pandemia….
    ma questa abilità di farsi uno con questi adolescenti su questo tema, li sensibilizza, li gratifica con un’occasione di mettersi in donazione e crea capitale umano: potenziale infinito di soluzione e prevenzione di problemi ancora più grossi!
    Grazie Filippo!
    Francesco

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