Impegno politico e cammino sinodale

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La diocesi di Faenza–Modigliana, raccogliendo l’invito di Papa Francesco, ha organizzato 90 tavoli di confronto sinodale: 70, affidati a parrocchie e movimenti, mentre una ventina sono stati i tavoli tematici, dagli anziani agli imprenditori, dagli insegnanti agli ammalati. Tra questi, c’era il tavolo dell’impegno politico che mi è stato chiesto di moderare.

Oltre ad aver solleticato il mio orgoglio, questo invito mi ha fatto pensare a quanto, grazie al Carisma dell’Unità, avrei potuto contribuire costruendo un dialogo aperto e rispettoso, cosa che in politica non è scontata. Poi però ho dovuto fare i conti con i miei impegni professionali e personali, che quest’anno non mi permettono di assumere altri incarichi, e a malincuore ho dovuto declinare la proposta. Mi sembrava di sprecare un’occasione . . . .

La gioia quindi è stata grande quando l’equipe diocesana mi ha chiesto se avevo un’altra persona da consigliare, ed ho potuto proporre un amico, anche lui appartenente al Movimento dei Focolari, di un paese vicino al mio, che è stato anch’esso assessore per due legislature. Daniele ha accettato, e così è iniziata la sua avventura con tre sere di formazione per i moderatori e segretari curata dall’equipe diocesana, la scelta di un segretario per il gruppo ed infine l’individuazione delle persone da invitare. Lui però mi ha sempre aggiornata e coinvolta, e posso dire che abbiamo portato avanti tutto insieme, come diciamo noi, in unità.

Da parte mia ho contribuito nell’invitare le persone, riscoprendo tantissime relazioni che negli anni di impegno politico avevo costruito, a prescindere dalle sensibilità politiche. Durante gli inviti sono nate le prime difficoltà, mi è capitato infatti di ricevere la richiesta da parte di un invitato, di non invitare un’altra persona. È stato importante per me confrontarmi sempre con Daniele ed altri amici.

Sentivo infatti che quella richiesta non veniva da un capriccio o un desiderio di vendicarsi, ma dal fatto che a volte la politica, in nome di un fine magari giusto, o in nome di vincere un’elezione, passa sopra alle persone, creando ferite difficili da rimarginare. Ho chiesto, insieme agli altri, di avere un surplus d’amore per essere in grado di accogliere quel dolore, senza però modificare la lista dei nostri invitati. Anzi, forse noi potevamo proprio essere un luogo terzo dove trovare spazio per una riconciliazione, pur sapendo di esporci a situazioni complicate.

E finalmente a marzo ci siamo incontrati per tre serate di lavoro con i desideri, le difficoltà ed il bel futuro che vedo nel testimoniare Cristo insieme ai fratelli.
Per me è stata un’esperienza molto forte, che mi ha fatto capire quanto la fraternità universale sia attualissima per la Chiesa e per il mondo.

Forte dell’esperienza che facciamo come Movimento dei Focolari, nel renderci conto che siamo pochi e miseri ma, se ci buttiamo fuori con coraggio, lavorando con le altre associazioni fino quasi a scomparire, viviamo per una Chiesa capace di uscire dalla logica del contarsi o piantare la bandierina sulle attività o sui luoghi, ma piuttosto per una Chiesa disposta a valorizzare quanto l’uomo di buono già sta facendo, e semmai capace di portare un’anima in tutte queste iniziative.

In queste serate mi è rimbalzata nella mente “L’attrattiva del tempo moderno” (una meditazione di Chiara Lubich): “Perdersi nella folla, per informarla del divino, come s’inzuppa un frusto di pane nel vino . . .” e nel fare questo sentivo la gioia di un Carisma ancora attualissimo che ciascuno di noi può portare dappertutto.

Un’ultima parola vorrei dirla rispetto all’organizzazione concreta delle tre serate. Proprio perché io ero una semplice invitata, senza il pensiero di condurre la serata, mi sono potuta concentrare sull’accoglienza degli invitati, che salutavo personalmente, poi presentavo Daniele agli altri e viceversa.. Per me è stata una lezione sentire che pur non partecipando all’organizzazione dell’incontro, che Daniele preparava con la sua segretaria, la collaborazione era piena, anzi rafforzata dal fatto che avendo due ruoli diversi sentivamo che lo spirito del Carisma raggiungeva davvero ciascuno.

Ho pensato quante volte fare le cose insieme ha significato per me fare le medesime cose, che andavano sempre viste in unità, ma forse l’unità non è tanto sulle cose da fare, ma un modo di essere, un modo di accogliere l’altro, con la certezza che non sono solo io a farlo, siamo in due, anzi è Gesù in Mezzo a noi che agisce, che accoglie.

Maria Chiara

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