Spazio ai carismi…

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Insieme ai laici, protagonisti dellazione ecclesiale

Paolo Comba è parroco di tre parrocchie alla periferia di Torino. Aiutato nelle domeniche da alcuni religiosi salesiani, segue 20 mila fedeli, eppure non è sopraffatto dal lavoro. Il suo segreto: la fiducia posta nei laici e la valorizzazione dei loro doni. Alla radice di ciò, una visione “mistica” – se così si può dire – del ministero, del laicato, della pastorale.

Tessere di un mosaico: ognuna è preziosa

Come un mosaico le cui tessere sono importanti, ciascuna con il proprio colore e la propria forma, a far sì che l’opera riveli tutto il suo splendore. È questa l’immagine che ho della vita di una parrocchia: luogo dove diversità e complementarità si intrecciano e dove tutti sono chiamati a edificare la Chiesa. Questa immagine trova ancora maggiore conferma quando, per le circostanze diverse e le necessità del presente, il parroco è chiamato a guidare tre parrocchie, tre comunità, ognuna con le proprie caratteristiche, la propria storia, le proprie esigenze. E tutto questo evitando di diventare un funzionario o semplicemente un amministratore!

Come fare? Il primo focus necessario è che non si tratta di mera organizzazione, ma di far risplendere quelle tessere che devono comporre il mosaico: ogni tessera è preziosa: mancandone una, l’opera perderebbe la propria lucentezza e preziosità.

Da dove partire? Da uno sguardo su quella porzione particolare di Chiesa, Corpo composto di diverse membra, ognuna con la propria originalità. Ho più volte osservato le mie comunità, ho incontrato e ascoltato storie, conosciuto percorsi, ricollocando il tutto in una prospettiva ecclesiale, con un respiro quindi più ampio, con una missione alta, una forza potente che viene da Dio.

Come padre e pastore di questa porzione di popolo mi sono sempre più convinto che anche quella parrocchia più piccola, quel gruppo più scarno, è il frammento in cui c’è il tutto. Perché l’origine è dall’Alto: un pezzo di cielo si riflette anche nella pozza più piccola, come nel lago più grande.

Al servizio della vocazione dei battezzati

Questa visione, maturata nel tempo, mi ha portato a fare delle scelte pastorali che certo aiutano me nel mio ministero, ma soprattutto realizzano la vocazione specifica del laico, battezzato, nella Chiesa.

Il primo passo è stato quello di prendere maggiore consapevolezza che i laici nella Chiesa non sono “di meno”, ma sono parte integrante e necessaria della vita della Chiesa stessa. La radice di questa maggiore consapevolezza l’ho riscoperta, e la riscopro continuamente, nella celebrazione del sacramento del Battesimo. Ai genitori spiego che, con il Battesimo, ci è data una compagnia per tutta la vita, la Chiesa, e che il compito, la testimonianza, è essere a nostra volta compagnia di altri fratelli, uomini e donne.

Ho riflettuto a lungo su questo: se camminiamo come compagnia, se è lo Spirito Santo che “ci riunisce in un solo corpo”, allora la vocazione di ciascuno è proprio nella Chiesa, come ricorda in un noto testo santa Teresa di Lisieux.

Questo primo passo mi ha portato al secondo passo: cosa è realmente il mio ministero di pastore? La domanda sembra scontata, la risposta altrettanto e potrebbe esaurirsi in un elenco di cose che bisognerebbe fare ma che non si ha tempo di fare e in cose che si fanno e… che non si dovrebbero fare.

La consegna di Gesù nel Cenacolo – l’istituzione dell’Eucarestia e la lavanda dei piedi – mi rimandano alla radice del mio essere presbitero. È il rendere Gesù presente tra la mia gente, il motivo del nostro ritrovarci intorno alla Mensa, uniti in un solo Corpo perché partecipiamo della comunione a lui.

E non c’è altro atteggiamento che quello del servire fedelmente Dio per servire fedelmente gli uomini. Una mistica del ministero presbiterale non significa una astrazione, ma dare la giusta misura, alta, del mio essere pastore e padre della comunità.

Scoprire nei laici vocazioni e carismi 

In una visione del ministero in questi termini, è importante comprendere la teologia e la mistica del laicato. La domanda allora ritorna insistentemente: si tratta solo di dividere incombenze? Di far fare ai laici ciò che io non so o non dovrei fare? O di far eseguire ordini e disposizioni?

L’appartenenza alla Chiesa, l’essere nella Chiesa, esige una partecipazione attiva e responsabile e il partecipare attivamente della vita della Chiesa non può eludere una responsabilità poiché implica la libertà.

Persuaso profondamente di questo, ho iniziato in questi anni un cammino non semplicemente di coinvolgimento dei laici, ma di condivisione di fatiche, speranze, sogni, attese, preoccupazioni e visioni della realtà in cui viviamo.

A uno sguardo attento e accompagnato dalla preghiera, ho visto il germogliare di vocazioni e carismi diversi che, messi a frutto, sono una primavera delle comunità e una promessa di benedizione.

Purificare la visione dei Movimenti 

C’è una ricchezza grande nelle nostre parrocchie e territori ed è costituita dalla presenza dei Movimenti ecclesiali. Abbiamo bisogno di purificare una visione di questi come sette o gruppi autoreferenziali. È vero, il rischio lo corrono tanti Gruppi e Movimenti nella misura in cui sono esclusi dalla vita delle comunità locali e dimenticano il rapporto con Cristo! Il carisma è dato per aiutare a vivere il rapporto con Cristo, diversamente diventa autoreferenziale e divisivo! Fin dagli anni di seminario ho avuto la grazia di avere un rettore saggio, uomo di comunione, che ci faceva conoscere i Movimenti e le loro peculiarità. In parrocchia, nella pastorale, ho scoperto come la ricchezza di questo florilegio di doni dello Spirito Santo è di grande aiuto per l’annuncio del Vangelo. Nelle mie parrocchie ci sono famiglie appartenenti al Movimento dei Focolarini: allora, mi sono detto, perché non chiedere loro di accompagnare le famiglie dei ragazzi che frequentano il catechismo, soprattutto le situazioni particolari (figli non battezzati, ragazzi iscritti con ritardo …)? Conosco alcune persone di Comunione e Liberazione, allora ho chiesto loro di aiutarmi nel promuovere la cultura cristiana: ne è nata una collaborazione con il Centro culturale della Città. La famiglia di Emanuela e Sara è una famiglia che vive l’esperienza del Rinnovamento nello Spirito. A loro ho chiesto di aiutarmi ad animare i momenti di preghiera e catechesi comunitari…

Cammino e confronto, responsabilità condivisa e verifica

E poi la scelta di dare responsabilità ai laici: dall’amministrazione delle parrocchie alla guida dei diversi settori (catechesi – caritas – giovani – anziani…); lo stile è quello del cammino e del confronto (sinodalità), della responsabilità condivisa con me, della verifica periodica e della correzione.

Ai miei collaboratori – etimologicamente coloro che con me partecipano del lavoro di edificazione del Corpo di Cristo – chiedo tre atteggiamenti fondamentali: la libertà per servire Dio nei fratelli e nelle sorelle, perciò non guardiamo il risultato, ma il motivo per cui facciamo qualcosa; la consapevolezza di partecipare dell’opera di Dio, perciò è necessario liberarsi di preconcetti e pregiudizi, ma bisogna lavorare sapendo che si lavora per un’opera più grande e quindi lasciarsi “sorprendere” dal mistero; la fede di fronte al mistero di Dio, perciò non può esserci azione o iniziativa senza la preghiera, senza un Tu a cui domandare il tutto. Per loro chiedo al Signore il dono di una gioia interiore: lieti non solo per quello che fanno, ma soprattutto e prima di tutto per quello che essi sono, figli amati.

Chiesa poliedrica e freschezza del Vangelo

I tasselli del mosaico hanno ciascuno il proprio posto, come i carismi e i doni dello Spirito Santo, diversi tra loro e complementari, per l’edificazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa e per far risplendere, al contempo, quella poliedricità della Chiesa che la rende la sposa bella per lo Sposo.

Le mie tre comunità parrocchiali, così diverse tra loro e vivaci, microcosmo nella Chiesa universale, sono per me la palestra della sinodalità: un cammino insieme, ascoltandoci e riconoscendo i segni dei tempi che, se visti nella luce del Sole che sorge dall’alto, non sono tempi nefasti, ma tempi di grazia in cui sperimentiamo la sempre attuale freschezza del Vangelo e viviamo la verifica della fede.

Solo così può continuare o riprendere sempre la corsa di Giovanni e Pietro dal sepolcro ai fratelli, per un annuncio di gioia.

Paolo Comba

Tratto dalla rivista Ekklesia 2022/4

 

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