Casa Margherita: accoglienza e fraternità

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C’è un proverbio ebraico che dice: “Dio ha creato l’uomo perché gli piace ascoltare le sue storie”: per me le comunità più belle hanno sempre storie da raccontare. Durante il periodo del Covid ho vissuto per tante richieste di aiuto: per alimenti, pagare bollette, immigrati analfabeti che non sanno compilare moduli online per i sussidi economici, posti di lavoro, permessi di soggiorno…

Mi adopero, si fa quello che si può, dico: io metto i pani e i pesci, poi sarà Lui a fare i miracoli. E il primo miracolo inatteso è che ci si incontra con tanti che hanno gli stessi tuoi sentimenti ma con provenienza e colorazioni diverse e ti dicono: “Io conosco chi può aiutarti”, oppure “Ti ho chiamato perché ho saputo da un amico che puoi aiutarmi” e così nasce una rete di circa 30 persone di vari movimenti, parrocchie e non credenti. Tra tutti ci si aiuta e si risolvono tante situazioni di disagio.

Luigi, un amico del Movimento di Comunione e Liberazione mi dice che in un centro immigrati sono presenti ragazzi del Bangladesh minori non accompagnati. Quando avranno 18 anni verranno mandati fuori poiché finiti i finanziamenti, non sono più fonte di reddito. Nessuno di noi ha una soluzione però ci avviciniamo, stiamo con loro.

Io ero un elettricista, Luigi un elettronico. Abbiamo pensato di professionalizzare un po’ questi ragazzi, per renderli più appetibili per il mondo del lavoro. Iniziamo così a fare un corso teorico pratico da elettricista, partiamo con schemi elettrici e montiamo su pannelli parti di impianti tipici di un’abitazione, con prese, interruttori, luci, ecc.

Non capivano molto bene l’italiano ma quattro insegnanti del liceo scientifico, saputa questa nostra avventura dal parroco, ci hanno affiancato offrendosi per fare un corso di italiano per i ragazzi e una signora del Bangladesh si è offerta di farci da traduttrice.

In quei giorni un imprenditore, cercava operai elettricisti da assumere. Gli abbiamo proposto di assumerli in prova, e noi avremmo provveduto a migliorare la loro formazione in base alle sue richieste e necessita. Un altro imprenditore mi contatta per la ricerca di ragazzi nella ristorazione.

In breve tutti i ragazzi sono collocati ma per l’assunzione mancano i documenti, permessi di soggiorno, ma soprattutto residenza perché contemporaneamente arriva l’espulsione dal centro di accoglienza. Conosciamo però Valeria, che volontariamente è la loro tutrice legale, e seguiva già questi ragazzi da tempo come figli e uniamo le forze.

Un avvocato ha saputo dal parroco quanto facciamo e vuole mettersi gratuitamente a disposizione per noi, entra a far parte della rete. Ci aiuta per tutta la burocrazia e Valeria si reca diverse volte all’ambasciata del Bangladesh a Roma. Ma c’è un problema, nessuno affitta una casa dignitosa ad extracomunitari.

Decidiamo così di prendere insieme a Luigi e Valeria una casa in affitto facendo noi da garanti. Una signora di una parrocchia saputo questo, accetta di darci un appartamento in affitto con possibilità di subaffitto e così da poter dare noi la residenza ai ragazzi mediante un comodato.

Vorremmo sia un luogo dove si possano superare momenti di emergenza lavorativa e di alloggio, poi man mano si esce per lasciare il posto ad altri. Tutti i mobili arrivano in omaggio. Insieme ai ragazzi si vernicia e sistema. Un banco alimentare ci offre periodicamente cibo da immagazzinare e così possiamo abbassare le spese e, in comune accordo coi ragazzi, decidiamo che nel loro modesto affitto sia compreso un extra di solidarietà per pagare un posto in più. Così anche loro possono aiutarci a sistemare un ragazzo in difficoltà oppure ammortizzare la perdita di lavoro di uno di loro.

Attualmente sono ospitati tre ragazzi del Bangladesh e due africani del Mali. L’appartamento che abbiamo chiamato casa Margherita è stato inaugurato tre settimane fa alla presenza dell’imam della moschea, che conosco da tempo, e del nostro sacerdote, con una preghiera comune ed un piccolo buffet.

Qualche tempo fa, per una richiesta di aiuto del parroco per alcuni ragazzi disagiati, incontro bambini di strada nel quartiere povero che ballano con musica da cellulare. Con mia figlia Federica, titolare di una scuola di ballo, nasce l’idea di aprire una scuola di ballo gratuita per tentare di tenere lontani i bambini dalla strada. Lei avrebbe insegnato, gli adulti della nostra rete sarebbero intorno come angeli custodi a capire necessità e situazioni.

Non avevamo però il luogo, ma il comune cede in affitto ad una amica della nostra rete un luogo per aprire un centro anziani. Lei non voleva accettare perché aveva fatto richiesta di un posto dall’altra parte della città, saputo però del progetto della scuola di ballo ha subito detto: chissà se c’è un disegno di Dio? E ha accettato l’offerta per aprire lì il centro anziani, dando così la possibilità di avviare anche un centro per bambini in quel quartiere.

Dopo i lavori di sistemazione fatti da una decina di persone della nostra rete, parte la scuola di ballo, i bambini chiamano quel luogo “Smile Art”. Poi la festa di carnevale nessun bambino aveva un vestitino, ma ne sono arrivati 50! Una insegnante del quartiere propone un cineforum ed arriva un proiettore ed un telo. Una ragazza ha perso da poco la mamma e vorrebbe imparare pianoforte, ma il papà non ha lavoro: ci arriva un vero pianoforte per il nostro locale ed abbiamo l’insegnante

Francesco mi dice che un ragazzo rumeno di 13 anni che conosce nel quartiere, da mesi non esce più di casa e ha già fatto 60 giorni di assenza a scuola, ed interpella Lucilla, psicologa. Con Lucilla incontriamo la famiglia. Il ragazzo, dopo la Dad, è in prima media senza conoscere bene la lingua, senza saper leggere, ama il calcio ma senza avere la residenza nessuna squadra lo ha iscritto.

Per il ragazzo, spiega Lucilla, essere l’ultimo della classe ed affrontare il mondo era diventato impossibile: il miglior rifugio era casa coi social, e a volte non mangiava. Ma aveva detto a Francesco che da grande avrebbe voluto fare il parrucchiere.

Parlo di questo al mio parrucchiere, che mi offre un’ora di lezione a settimana. Quando ho detto al ragazzo di venire a conoscere il parrucchiere e vedere il suo negozio, lui che non usciva da mesi, ha percorso 5 km in bicicletta in salita. Collego uno scaldabagno nel nostro Smile Art e poco dopo inizia il corso. Il parrucchiere promette che con un diploma scolastico a 16 anni gli avrebbe fatto fare il corso professionale.

E’ scattata la molla della motivazione e ha ripreso ad andare a scuola con entusiasmo, il parroco lo ha inserito nella squadra di calcio della parrocchia e ci ha procurato insegnanti volontari per le ripetizioni di matematica ed Italiano. Con Lucilla abbiamo incontrato la preside che ci ha fatto avere i libri gratuitamente e ci ha messo in contatto con i suoi professori per una collaborazione. Gli scout del quartiere hanno fatto da cavie per il taglio dei capelli. L’amico parrucchiere ripete spesso: grazie per avermi dato questa possibilità

Una rappresentante di una classe del quartiere, ci ha offerto tutta la sua disponibilità ed esperienza ad avviare attività per i bambini del quartiere poiché vede in questo nostro centro un luogo bello, sereno e sicuro per ridare fiducia alle famiglie che non fanno più uscire i bambini di casa per timore.

Un giovane del Movimento dei Focolari mi diceva che  dei nostri incontri non ricordo le parole ma solo le esperienze vissute insieme. Mi piace pensare che i giovani ascoltano il Vangelo con gli occhi e se è vero che per educare un bambino ci vuole un villaggio, per me sono belle le comunità che hanno storie di Dio da raccontare ai propri ragazzi.

La cosa bella che mi piace di più in questa esperienza è che ho contato per gioco le persone che si sono lasciate coinvolgere, sono 28, ognuna fondamentale per un pezzo di strada insieme.

F.D.B.

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